di-Versi a confronto per la liberazione da sistemi di controllo/sfruttamento dei corpi #######################################################################
DALLE 13:00
PRANZO BENEFIT INGUAIATX AL LIGÈRA
DALLE 16:00
DIBATTITO intorno alle tematiche toccate da COSPIRAZIONE ANIMALE,
* con l’autore MARCO REGGIO e compagnə del GRUPPO IPPOLITA che ne ha curato la pubblicazione.
DALLE 19:00
CENA OSTERIA VEGAN * BENEFIT offerta libera RIFUGIO AGRIPUNK SOTTO SFRATTO
* pasta con cavolo nero e besciamella di riso * polpette di zucca porro e ceci * frittelle di mele
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Che cosa hanno a che fare la razza, il binarismo di genere e l’abilismo con l’animalità? In che modo la costruzione del corpo disabile si intreccia con l’animalizzazione dei reietti del pianeta?
Gli animali sono davvero soggetti “senza voce” o mettono in campo forme di resistenza allo sfruttamento? È allora possibile un’ecologia non antropocentrica?
Per rispondere rifiutando le soluzioni riduzionistiche è necessario uno sguardo situato. Marco Reggio muove da episodi problematici del proprio attivismo nel movimento di liberazione animale con una serie di incursioni fra testi letterari, studi decoloniali, teorie queer e critical animal studies.
Per una critica radicale alla cultura coloniale in cui si mantengono inscritti i meccanismi odierni di mercato, per una lotta alle istituzioni che legittimano forme di dominio su corpi e territori, vogliamo confrontarci con Marco Reggio in riferimento a quel che resta di tutte quelle pratiche che permettono di riscattarsi dallo stato di “vittima” e da condizioni di “debolezza”.
Rovesciare la logica della “sconfitta politica” può allora significare riprendersi dimensioni di lotta proprio laddove le istituzioni calcolano di averla “resa inabile”, repressa, relegata in quell’alveo marginalizzato cui vengono destinati i soggetti che non concorrono socialmente ad agire dominio né abuso, o in cui finiscano ricacciati i corpi che restano improduttivi o che si sottraggano al ciclo di sfruttamento capitalistico. Vogliamo farci complici dei percorsi di soggettivazione di questi corpi e insieme della risignificazione della propria corporeità in prospettiva conflittuale, tale da non lasciarsi assoggettare oltre, né sussumere, da termini di privilegio.
Nell’arco di spazi e quotidianità contestualmente “disfunzionali”, a dispetto della norma, proprio lo smarrimento personale e l’inadeguatezza sociale possono costituire i primi passi per risollevarci deviando dalle dinamiche sociali che seguono il binario della domesticazione.
Il confrontarci sulle singole esperienze corrisponde a far nascere e saldare rapporti di solidarietà che non abbisognano di egemonie formali abilitanti, esprime perciò il nostro intimo tentativo di contrastare apparati anche assistenziali, anch’essi, in quanto strutturalmente emanazioni statali, diretti da burocrazie che esercitano un controllo delle utenze in carico secondo iter normalizzanti, senza contare che spesso si tratta di servizi presto lasciati in appalto a progetti cooperativi a statuto d’impresa e dirottati privatisticamente alla messa a profitto. Come poi se per emanciparsi da una forma di oppressione ci si potesse affidare ad istituti che non fanno altro che farne diagnosi isolata, promuovendo la separazione di quell’esperienza dalle altre innumerevoli forme di oppressione che gli stessi “servizi” sono invece tenuti a conservare, a specchio delle amministrazioni piuttosto che per un senso diretto di comunità.
Per non lasciare quindi che le problematiche cosiddette “personali” vengano recuperate entro la normatività che annulla le differenze singolari ed allo stesso tempo ne sancisce confini categorici, determinati da criteri padronali, speculativi, di efficienza, di performatività, etc., pensiamo sia fondamentale continuare a tessere rapporti di affinità e al contempo con portato intersezionale, tendendo ad un richiamo reciproco e ad una autocritica costante rispetto al proprio agire politico..
Ed è forse proprio nel non poter accettare di lasciare indietro nessunx che se ne alimenta il potenziale sovversivo.
“L’antispecismo è imbarazzo, meraviglia e turbamento,
e non è mai un punto di arrivo, ma piuttosto uno sguardo.
Si è a fianco dei soggetti ribelli di ogni specie, complici.
Si cospira, si respira insieme:
si conviene immediatamente su ciò che è inaccettabile
e si fanno piani per sovvertire la supremazia umana.
L’azione diretta, dunque, lo ispira e gli dà linfa.”
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# Marco Reggio è un attivista per la liberazione animale.
Ha curato Manifesto queer vegan (con M. Filippi, 2014) di R. Simonsen,
Corpi che non contano (con M. Filippi, 2015),
Animali in rivolta (con feminoska,2017) di S. Colling,
Smontare la gabbia (con N. Bertuzzi, 2019) e
Bestie da soma (con feminoska, 2021) di S. Taylor.
# Il Gruppo Ippolita è un collettivo di ricerca indipendente e interdisciplinare focalizzato sugli usi problematici delle tecnologie digitali.
Il gruppo nasce nel 2004, all’hacklab Reload in Pergola a Milano, sull’idea di reality hacking: uscire dall’immaginario e dalle pratiche più strettamente nerd per entrare in quelle più allargate dell’agire (e dell’immaginare) politico. In sostanza, pratichiamo l’hacking del sé come antidoto alla collusività degli automatismi. Scriviamo libri, ci occupiamo di far pubblicare altre voci e di diffondere consapevolezza informatica con approcci di pedagogia hacker.
La cosa più importante che abbiamo fatto è stata avere il coraggio di fare ricerca indipendente e di scrivere quello che pensiamo davvero, perché contro ogni pronostico credibile ha funzionato. Perché rompe con la logica del consenso e del conformismo.
Abbiamo contribuito a disinnescare la narrazione dominante della Silicon Valley sulle nuove tecnologie creando la cornice teorica necessaria allo sviluppo di riflessioni e tecnologie non-egemoniche, che noi chiamiamo conviviali sulla scia di Illich.
La cultura per noi è una forma di azione diretta, un’auto-difesa, uno strumento per combattere. Non può essere scevra da passione politica; quando si fa un uso politico dei propri privilegi inizia l’esercizio antropo-tecnico. L’ostacolo più grande da superare è la generale mancanza di consapevolezza dei rapporti di forza.
Anche per questo, una delle nostre pratiche è fare network con organizzazioni culturali nazionali e internazionali, realtà di movimento, hacklab, universitarx, ricercatrici e ricercatori.
Ippolita si interroga sulle possibilità di riappropriazione quantomeno comunicativa, fino a percorsi di organizzazione politica, in ottica antiautoritaria, open source e contro la sorveglianza, in particolare attraverso laboratori ed incontri di critica della rete, in contrasto alle imprese proprietarie che la monopolizzano, per la decentralizzazione e l’autodifesa digitale.
Dobbiamo rompere con l’idea di futuro.
La ripartizione del tempo è un dispositivo disciplinare che serve a legarci alla società della prestazione infinita.
Il futuro è morto.
Chi ci spiega cosa sarà, sta cercando di manipolarci.
Il futuro è qui e ora.
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