PER UN INVERNO CHE NON RESTI AMMUTOLITO,
MEGLIO PIUTTOSTO CHE PROCEDA AMMUTINATO..
MEGLIO PIUTTOSTO CHE PROCEDA AMMUTINATO..
Indichiamo le punte di questi giorni sotto i tribunali di sorveglianza ed i palazzi di giustizia, per chi riuscisse a spostarsi, organizzate da tantx compagnx tra Torino a Roma e dalle isole, in sostegno della lotta contro al 41-bis e la repressione che si è stretta intorno alla lotta insurrezionale, ma non solo, fino alla più isolata manifestazione di dissenso. Lo Stato non ha proprio altro modo per dimostrare la democraticità dei propri interessi che aggravare condizioni punitive già annichilenti tramite censura a tappeto e l’impedimento di qualsiasi contatto con l’esterno con l’accusa di stragismo per prigionierx come Alfredo, il cui sciopero della fame in protesta a tutto ciò prosegue da oltre un mese, ed al quale sono seguiti quello di Juan, Anna, Ivan e Michailidis, solidali e complici.
Abbiamo segnato poi un programma temporaneo dello Scintilla (verrà aggiornato nei prossimi giorni) nonostante una grave leggerezza incorsa nell’ultimo periodo. Senza alcuna coscienza del gesto e di come prendere le dovute precauzioni, è stato sparso un veleno per topi che in pochi giorni abbiamo cercato di ripulire, ma non è bastato. Siamo addoloratx dalle morti atroci che questo tipo di prodotto ha causato. Si tratta di una polverina blu. Finché non riusciremo ad assicurarci che non ci sia più pericolo, per favore NON portate animali e fate attenzione.
Per quanto questo tipo di accaduto, conseguito da una scelta non condivisa, illusa della “soluzione facile” di una deratizzazione chimica, sia stato e rimanga irreparabile, intendiamo prendercene responsabilità per lo meno affrontando l’ignoranza che circonda questo tipo di mentalità del dominio dell’uomo sulla natura, come poi se esso ne fosse elemento separato, dell’avanzare dell’antropizzazione a scapito del selvatico, perdendone la comprensione ed il rispetto, e infine della paura che la vita fuori controllo comporta, tanto da concedere contraddizioni simili persino in ambienti che tenderebbero semmai alla liberazione totale. Purtroppo riscontriamo quanto sia necessario riprendere a confrontarci su quanti più spunti possibili di critica antispecista radicale. Facciamo appello quindi a collettivi e individualità che possano condividere le loro conoscenze dirette per una reale e non solo teorica riduzione del danno, e aiutarci a ritrovare una consapevolezza nelle pratiche di autogestione e quotidiane non dimenticando di rifiutare apparati normativi ed industriali che, lungi dal fornire risposte od offrire tutela, pone inesorabile conseguenze di sofferenza e morte per tuttx. quanto questo tipo di accaduto, conseguito da una scelta non condivisa e illusa della “soluzione facile” di una deratizzazione chimica, sia stato e rimanga irreparabile, intendiamo prendercene responsabilità per lo meno affrontando l’ignoranza che circonda questo tipo di mentalità del dominio dell’uomo sulla natura, come poi se esso ne fosse elemento separato!, ignoranza di cui si serve l’avanzare dell’antropizzazione a scapito del selvatico, facendo dilagare la perdita di comprensione nei confronti di come questo possa sovravvivere e convivere, ma anche comunicare, e non da ultimo affrontando l’ignoranza in quanto non produce che paura e passi falsi.
Colmare la propria disinformazione non è delegabile. Ed è terribile dovercelo ricordare ora, attraverso il lutto di cane fratello, non potendo che riscontrare quanto sia necessario riprendere a confrontarci su quanti più spunti possibili di critica antispecista radical, ammettendo di aver agito senza una coscienza collettiva, anche solo un briciolo, che potesse dare un’allerta rispetto a cosa significhi il rispetto per gli animali – affatto solo quelli che piace coccolare -, e compatibilmente con il loro habitat, anche nel valutare quali siano eventuali aspetti di rischio per noi, ma senza mai dimenticare i loro, a cominciare dalle condizioni antropiche devastanti ed inaccettabili a cui ci arrendiamo quando ci lasciamo agire nell’inerzia di un meccanismo di morte..
Non è la vita fuori controllo a comportare di doversi proteggere con mali estremi, ma una ignoranza nei suoi confronti ed una pigrizia intellettuale sul piano delle risposte che possiamo darci nel momento in cui si rilevi che il selvatico sia pericoloso per gli animali umani.. Diventa allora uno scontro per la sopraffazione di ciò che si percepisce come pericolo, ma di cui non si cerca al tempo stesso la conoscenza, tanto da concedere contraddizioni e rovinose riproposizioni di questa logica persino in ambienti che tenderebbero semmai alla liberazione totale.
Facciamo appello quindi a collettivi e individualità che possano condividere le loro conoscenze dirette per una reale e non solo teorica riduzione del danno, e aiutarci a ritrovare una consapevolezza nelle pratiche di autogestione e quotidiane non dimenticando di rifiutare apparati normativi ed industriali che lungi dal fornire risposte od offrire tutela pongono inesorabili conseguenze di sofferenza e morte per tuttx.
= La vita selvaggia tu amala.. O lasciala stare!! =
( vecchio slogan dell’A.L.F. )
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Aggiunta del 1 ottobre:
Ripubblichiamo l’almanacco con l’aggiornamento fino al 23 gennaio. Come è stato evidenziato, è un calendario questa volta comprensivo di un rilancio di alcuni dei più urgenti presidi solidali che compagnx lungo tutta la penisola hanno chiamato di contro a varie delle operazioni carcerarie effettuate negli ultimi anni.
Stamattina a Torino si è svolto il procedimento alla convalida della infame riformulazione in termini stragisti delle condanne all’ergastolo per Anna ed Alfredo. Come a tuttx coloro che sono statx postx sotto il torchio penale, occorre in queste ore ribadire solidarietà sia ad Alfredo, giunto al 45°giorno di sciopero della fame, che ax prigionierx che lo hanno accompagnato in questa scelta compiuta sul proprio corpo, prima ed ultima arma di lotta.
Intanto, per avere notizia del responso sull’udienza del 1 dicembre potrebbero passare ulteriori settimane, mettendo letteralmente Alfredo in condizione di non farcela…
Le azioni rivendicative tuttavia non si esauriscono con l’inflizione dell’isolamento, e troviamo in chi sceglie di proseguire tramite sabotaggio e attacchi una piena ragione di lotta contro la violenza sistemicamente perseguita e garantita dalla giustizia infame e repressiva che non troverebbe formalizzazione se non in una struttura statale.
Una violenza che mentre proclama di voler sconfiggere la mafia ne assorbe in sé i connotati del ricatto e della ripercussione, una violenza che affligge quotidianamente nelle carceri e nei CPR, tramite la contrattualizzazione dello sfruttamento nei luoghi di lavoro, col disciplinamento punitivo/premiale impartito nei percorsi scolastici, attraverso la retorica del decoro che provoca e stabilisce forme di marginalizzazione sociale e di esclusione, mentre non produce altro che consumo a favore della turistificazione.. Una violenza che è alle fondamenta della pianificazione urbana secondo interessi industriali e di estrazione di profitto, e per la quale l’ipersorveglianza non è che funzionale. Una violenza che si è insediata fino a quel che resta del welfare, negli istituti di un’assistenzialismo aziendalizzato e che punta alla normalizzazione ed al reintegro della devianza solo in termini di pacificazione di ogni espressione di malessere e dissenso..
Non possiamo perciò che sentirci in guerra e per la distruzione permanente di una società che fa della guerra votata all’annichilimento dell’individuo il suo principio fondativo nonché il suo motore produttivo.
Tanta forza ax compagnx in sciopero e complici dell’azione diretta, intesa in tutte le sue forme: dai rapporti che intratteniamo, altrettanto sediziosi per un mondo che punta all’automazione ed alla riduzione delle prospettive organizzative ad una esecuzione di compiti e comandi,a quella ovviamente dello slancio rivendicativo e indomito contro l’infamità di burocrati dell’esistente, contro la sua mercificazione, contro l’alienazione pervasiva ottenuta tramite dispositivi di controllo che non ammettono mediazioni di sorta con ciò che ci vorrebbe docili davanti alle ingiustizie..
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Comunicato di unx singolx sul coinvolgimento privo di precauzione in uno sterminio specista
= La vita selvaggia tu amala.. O lasciala stare!! =
Questo era un vecchio slogan dell’ALF. Che cazzo tiro fuori… lo so. O sfaso del tutto, mi colpevolizzo, mi martirizzo, o devo prendere atto di tutte le volte che la possibilità di scelta non ha ammesso errori e scelgo di restare per affrontarli.
Non posso però nemmeno calmarmi.. guardo le foto di qualche settimana fa per rendermi conto che non posso tornare indietro, a momenti in un cui un sorriso funzionava, e non credo nemmeno di meritare quello di circostanza.
Un caro amico sta male e non posso rincuorarlo perché sono responsabile del suo dolore.. è uno schifo.. la prima volta che provo una cosa del genere, e mi chiedo davvero come fa chi se la passa tranquillo o addirittura se la gode nel far star male le persone vicine, perché è un vero schifo. Ed è un’ipocrisia in questo momento per me sentirmi in pace, pulirmi, lavorare in mezzo agli alberi per sentire di avere ancora lo stesso approccio non addomesticato, persino dopo che l’ignoranza e la superficialità ci hanno fottutx. C’è da diventarci scemi, o meglio, lo si è stato fin troppo fin qui. Cadute continue in cui non ci si è saputx riconoscere in una lotta comune.
Con tutti gli abomini contro cui ci si rifiuta di lasciarsi assorbire fino a rendersi complici di una estinzione razionalizzata e pianificata, siamo arrivatx al colmo che un’essere finisca in balia così della nostra stessa merda.
Mi sembra un incubo in effetti. Se da piccola aprivo le gabbie dei roditori e delle galline dei contadini dietro casa, oggi non mi riconosco.
Ma non posso nemmeno lasciar intendere che si possa far risalire tutto alla contraddizione, è sempre più complesso di uno schema di giustizia, dinamiche tra individux che si influenzano.. il problema è che io avrei potuto evitarlo.. mi ero anzi illusa di averlo già evitato! invece non era abbastanza e soprattutto non ho saputo a ammetterlo a me stessa per fare di meglio.
Se dietro una contraddizione collettiva ci sono delle mancanze, ho creduto erroneamente di aver aggirato il problema solo ponendomi contro il compromesso con esso (e intendo con compromesso tutto ciò che non è concertazione mutuale, dialogo tra pari, scambio per una consapevolezza reciproca), perché scendere a compromesso significa mancare ai propri obiettivi. Eppure non avevo considerato che dichiarare che quel compromesso fosse già avvenuto, e con ciò rendere conto della sconfitta politica che ne deriva, è ugualmente importante proprio per non mancare l’autocritica rispetto agli stessi obiettivi, ed è appunto l’esercizio dell’autocritica, e che lo sia anche attraverso una comunicazione orizzontale e senza filtri, che torna sempre a rivelarsi fondamentale.
Che Mitra dannatamente sia finito in mezzo a tutto ciò, non me lo posso perdonare e non lo dimenticherò. Ma è qualcosa di irrisolvibile, di irrecuperabile.
Posso solo serbare lo slancio che gli animali manifestano e i suggerimenti che ci lasciano per metterci in discussione. Topi e ratti compresi. Perché stentano a sopravvivere insieme a noi, ma ben prima e molto più gravemente, a causa nostra.
“E così eccoci qui, a portare le cicatrici non solo del filo spinato o degli occhiali rotti ma le cicatrici degli atti senza cuore perpetrati da uomini che non sanno quello che fanno.”
La chiamano igiene a volte, salute pubblica. Peccato che la salute di una società che avviene per mezzo dello sterminio di altre mi fa schifo fino al midollo. Smettiamola di snaturare la vita, se appare sporca brutta e cattiva è perché è stata ricoperta di fango. Nemmeno ci rendiamo conto che finché ci rifacciamo sulla pelle del più debole, o da cui trarre più profitto, non siamo nulla di più evoluto di un qualsiasi predatore. Anzi. Ma non vado a fare la morale a chi non vede che sta solo mettendo il filtro della mercificazione al rapporto di sé con il resto del mondo animale, eppure questa è una sensibilità parecchio sminuita. Penso che gli animali siano da ascoltare e che finché girano significa che non è tutto perduto. Ugualmente, a costo di sembrare negazionista sui topi, direi che fossero un problema sanitario concreto a quest’ora ce ne saremmo accortx, comunque.. e se mi concentro su ciò che non è stato tentato è perché ad oggi non abbiamo più il privilegio dell’attesa che qualcunx si muova per noi, tantomeno quello di potere non-pensare.
Per esempio, non si può delegare l’informazione rispetto a ciò che si agisce, non si può non vedere cosa calpestiamo sotto i nostri piedi..
Non so se questa sia una contorsione ma mi auguro non passi come un’analisi paravento e paracula. Sento ad ogni modo che proprio perché non voglio abbandonare all’oblio le vittime della prevaricazione dell’uomo su altri esseri ho bisogno di andare avanti e non mi voglio permettere di marcire nella paralisi di una inconsapevolezza che ristagna, così come non voglio muovermi sotto ombre di giustificazioni retoriche senza elaborazione.. Contano i fatti, non le parole.
Inoltre, per poi non lasciarsi travolgere dai fatti, sarebbe il caso tenere sempre presente la storia che li avvicenda, quale dialettica abbiamo attraversato: perché non è più tempo di appoggiarsi a scelte che non abbiano una ponderazione approfondita, anche se certo, basterebbe una sensibilità radicale in sé, se non vi fossero orpelli di dinamiche civilizzatrici sempre alle spalle da cui doversi divincolare.. e per distruggerle, perché abbiamo cose molto più sincere da poter fare..
Porcodio.
“NEI MOMENTI PIÙ BUI ABBIAMO VISTO ALTRX INCAMMINARSI
SUL SENTIERO DI GUERRA.
E LA LUCE IN FONDO AL TUNNEL SI STA TRASFORMANDO
IN UNA LAMA CHE BRILLA [SENZA PIÙ MANICO],
SU QUESTA TERRA FERITA”
(virgolettati presi da Memorie di Libertà, della Western Wildlife Unit)